Jarv...Is - Beyond The Pale


Jarv...Is - Beyond The Pale


The Pale era un’area di Dublino sotto il controllo inglese nel tardo medioevo e move beyond the Pale, per gli inglesi, significava lasciare una zona di comfort, un posto sicuro.
Jarvis Cocker di questo muoversi beyond the Pale, ne ha sempre fatto, a volte già dai tempi dei Pulp, il suo credo. 
E ha continuato e intensificato il concetto nella sua stravagante carriera solista con tre album, uno più beyond the Pale dell’altro, che raggiungono la punta massima con “Room 29” con Chilly Gonzales. Ma non solo, perché dal vivo, Cocker, meglio dire Jarv...is non si crogiola sui successi più noti ma propone uno spettacolo per nulla al servizio della fan base, come quello che ho visto lo scorso anno al “ToDays”.
Certo, se ti chiami Jarvis Cocker è più facile lasciare la zona di comfort e cercare nuove strade, un po’ perché sei un grande artista, un po’ perché l’aurea fa il resto. 

“Beyond the Pale” è l’album del suo nuovo progetto, “Jarv...is”, un progetto nato fondamentalmente solo per i live con una band composta da Serafina Steer, Emma Smith, Jason Buckle, Andrew McKinney e Adam Betts, che poi hanno deciso di incidere quanto prodotto.
Un disco di sette canzoni e di quaranta minuti totali, che vede Cocker continuare nell'esplorazione di nuove strade, con l’uso dell’elettronica, di cori e di archi e violini che accompagnano la voce più che mai riflessiva di un Cocker in vena di riflettere e di raccontare.

Doveva uscire a maggio e anticipare un tour ma la pandemia ha posticipato il tutto, alla fine la cosa ha giocato a favore del disco, perché Cocker e la band hanno abilmente giocato sui social tra lunghe dirette danzerecce e le “Bed times stories” del primo e un divertente video live a distanza di “House music all night long”, canzone questa che curiosamente descrive benissimo il periodo di lock down “Saturday night, cabin fever in house nation/This is one nation under a roof/Ain't that the truth/Godamn this claustrophobia”.

“Beyond the pale” si apre con lento ed elegante incedere di “Save the Whale” (accompagnato da un altrettanto affascinante video) che è un’anteprima di quello che sentiremo e che ci invita ad andare “Beyond the Pale”
Segue, il trascinante primo singolo “Must I Evolve?” quello che annunciò di fatto l’arrivo di novità da parte di Cocker, nato dalla lettura di “The Mind in the Cave” di David Lewis-Williams, che parla dell’alba della creatività partendo dai dipinti rupestri. Tema, quello di un ritorno alle origini, che sembra essere caro a questo disco.
Dopo “Am I missing something?” “There are no stars without space/No inside without out/No up without down/Am I missing something?/Missing as in I don't see it?” tocca al già citato secondo estratto, danzereccio “House music all night long” che lascia spazio a “Sometimes I am a Pharaoh” con ampi sprazzi di storytelling. E, infine, i ricordi di “Swanky Modes” (titolo ispirato a un negozio di Camden) e un’ulteriore riflessione sulla vita di “Children of the Echo”.
Un disco elegante e sicuramente più compatto rispetto a “Jarvis” e “Further Complications” e che riprende (ma rende più fruibile) la strada dei racconti sentiti anche in “Room 29”.

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