Todays Festival - 2019 - Terza giornata


Todays Festival - 2019 - Terza giornata



Va bene non ho visto Nils Frahm, il suo concerto iniziava alle ventiquattro. 
Ho un’età e la terza giornata del Todays Festival è iniziata alle ore 16, sotto un sole caldissimo. La prima location della giornata è la Cattedrale del parco verde Peccei, un luogo ricavato da un’ex fabbrica di cui resta un piccolo scheletro e diventato un parco, nel tentativo di riqualificare una zona periferica e depressa. Non è male a parte qualche spacciatore che ti chiede se vuoi della roba. 

Il tutto, spacciatori compresi, è l’ideale scenario per quei due mattacchioni degli Sleaford Mods, il cui concerto è un regalo degli organizzatori al pubblico (l’ingresso era free). La situazione che si crea al Peccei è da subito entusiasmante. Un’atmosfera rilassata da festa in cui ci sono tutti. Bambini, anziani, gente sui quaranta anni, vestita in tutti i modi possibili. Da chi sembra arrivi dalla spiaggia a irriducibili rocker vestiti di nero e persone vestite come un pugno in un occhio.

Ma soprattutto c’è il duo inglese. Andrew Fearn arriva da solo, in largo anticipo. Gironzola, poi piazza il suo pc, poco prima dell’arrivo di Jason Williamson, che segna l’inizio del concerto. 
Una performance caldissima, non solo per il sole che picchia sul cemento del Peccei, ma per l’esplosione che i due provocano con il loro “crafty sound”, come l’ha definito Williamson, con una scaletta che zompetta qua e là nella loro produzione. 

Mi chiedo: cosa c’è di interessante in un concerto in cui uno sta dietro a un pc mettendo le basi e l’altro sciorina parole in un inglese strettissimo facendo boccacce e movimenti vari? Me lo sono chiesto mentre ballavo in mezzo al casino, senza riuscire a fermarmi, esattamente come tutti gli altri. Quindi non lo so. So solo che i due funzionano. 

Finito il concerto Williamson sale sul furgone, saluta e se ne va. Mentre Fearn sembra l’amico di vecchia data di tutti tra abbracci e foto. A vederli così paiono due separati in casa.


La scena poi si sposta nel giardino dello Spazio 211. Alle ore 18, salgono sul palco gli australiani Parcels, una band notata anche dai Daft Punk, con i quali hanno collaborato. Li etichettano come elettropop, funky, disco ma è una definizione che può portare fuori strada e far pensare a qualcosa buono le sagre di paese. Invece questi giovanissimi fanno ballare il pubblico prima di ammettere la fatica di suonare con il sole in faccia. Bravi, forse un po’ ripetitivi alla lunga, ma da seguire.
I belgi Balthazar, gruppo pop, radunano ancora più pubblico sotto il palco, forti del fatto di essere celebri per il genere e di essere molto catalizzanti con un concerto divertente e tecnicamente perfetto.

E poi il turno dei due mostri sacri della giornata.


Il primo è Johnny “Fuckin” Marr, atteso con le bave alla bocca da unpubblico nostalgico degli Smiths, con tanto di magliette d’ordinanza. 
Lui ripaga tutti alla grandissima piazzando (in maniera un po’ paracula eh!) diversi brani della band. “Bigmouth Strikes Again”, “How Soon Is Now?”, “This Charming Man” e “There Is a Light That Never Goes Out” e  non si dimentica neppure degli Elettronic con “Getting Away With It” e “Get the Message”.

Sì certo, non è la voce di Morrissey, che per quanto stia sui coglioni a tutti ha una voce ineguagliabile ma mister Marr provoca forti emozioni mandando a casa con i brividi una piccola parte di pubblico.


Di tutt’altro avviso è Jarvis Cocker. “Sicuramente fa Common People”, “Sì, certo, magari anche Disco 2000”, dicono due ragazzi vicino a me. Ma niente, il buon Jarvis si limita a ripescare dal suo passato nei Pulp, “His’n’hers”, lasciando il resto della scaletta al suo repertorio solista.
Va detto, che il suo concerto non è di facile presa su un pubblico che non lo conosce, ma si sa, a Cocker non sono mai piaciute le cose facili. 


E così, lo stralunato artista di Sheffield mette in scena una performance ai limiti del teatrale. Salta, balla (complimenti tra l’altro per la forma), gioca con i suoni e soprattutto scherza: “Mi posso togliere la giacca? C’è un rapporto tra noi” “Siete stati a Sheffield? Ma perché?” e ride col pubblico abbozzando un paio di frasi in italiano e lanciando perle filosofiche. Un’ora e mezza con un encore (e no…non è “Common People”), per poi uscire dal palco e farsi assediare dai fan. 
Cioè voglio dire, non sei l’ultimo arrivato, non sei un giovanotto ancora preso dall’entusiasmo della notorietà e ti metti, sudato, a disposizione dei fan? Ma quanto sei grande? E poi voleva andare a vedere Nils Frahm.

Sì lo so, sono di parte. Jarvis Cocker rappresenta tanto per me. E farsi una foto insieme per me è stata una tappa fondamentale della mia esistenza, senza contare che mentre suonavano i Parcels ho fatto una foto con Cristiano Godano. Beh…e prima ancora con Andrew degli Sleaford Mods. Aspettate, forse ho una patologia psicologica, non faccio mai foto con nessuno ma vado ai concerti e do di matto. Ma sto uscendo dal tema e questo è un discorso che dovrei fare con una psicologa, piuttosto che scriverlo sul blog.  

Tornando a noi, si chiude “Todays” 2019. Per quanto ho visto, un festival organizzato benissimo con i concerti che seguivano gli orari in maniera rigorosa. 
Sì, ok, la cosa del “plastic free”, rivenduta abilmente ai giornali è una mossa astuta, perché alla fine paghi 1 euro, alla prima consumazione, per un bicchiere anonimo di plastica (ci fosse almeno il logo della manifestazione), che fa di loro dei “plastic free”, ma lo fa meno di me, perché ora ho un bicchiere di plastica a casa. Ma, insomma, lo fanno ormai tutti o quasi i Festival. 

E poi c’è da dire che è un evento che come sempre ha abbracciato per intero la città e soprattutto le periferie, in maniera molto più efficace di quanto promesso a suo tempo dalla Sindaca.
Ultimo a quanto pare con Gianluca Gozzi. E speriamo in bene per il futuro.

Commenti