The Good, the Bad & the Queen @ Les Nuits de Fourvière - Lione

The Good, the Bad & the Queen @ Les Nuits de Fourvière - Lione



Faccio il recensore in stile TripAdvisor/Google, ma giusto per un attimo. E per prima cosa, l'anfiteatro romano di Lione è uno di quei posti incredibili dove vedere un concerto. Si vede e si sente bene ovunque, per 4000 persone di capienza massima (ai tempi dei romani erano 11000 e sicuramente i Rolling Stones lo usavano nei tour dell'epoca).

Seconda cosa "Les Nuits de Fourvière", che si tiene nel suddetto anfiteatro, è un Festival organizzato benissimo. Siamo su una collina che sovrasta Lione, a un chilometro di strada dalla stazione della metro
"Vieux Lyon" e raggiungibile con tre minuti di funicolare. E per quanto la distanza sia minima, al termine ci sono navette che portano in vari punti della città e la funicolare (e quindi anche la metro) gratis per gli spettatori. 

Eh lo so, lo so, davvero, ci sono ottimi Festival anche in Italia, ce ne saranno pessimi anche in Francia, ma tanto per fare un esempio vicino a casa, il "Flowers Festival" di Collegno che è fuori città e dista un chilometro dalla metro, non pensa per nulla a un'ipotesi di agevolare il ritorno degli spettatori. L'argent...(non che al Flowers i concerti siano gratuiti).

Finita questa parentesi da recensore di TripAdvisor in trip, giunge il momento di parlare della serata. 
E lo dico alla francese: "Ma cosa cazzo ho visto!"

L'anfiteatro stracolmo ha accolto innanzitutto i Satellite Jockey band di Lione di cinque elementi, che si presenta sul palco, in anticipo, vestita con tute da astronauti. Fanno un indie rock/pop che evidentemente all'estero va ancora e in qualche breve momento (anche per il look coordinato e la presenza di un elemento femminile) ricordano i Metronomy. Comprato il vinile del gruppo e ritornato nella bolgia sotto il palco, salgono (anche loro in anticipo) i The Good, the Bad & the Queen, anticipati delle tre orchestrali. Crescere ascoltando tutto quello che ha fatto Damon Albarn, crescere ascoltando i Clash e trovarsi di fronte il primo e l'ex bassista dei secondi, già vale il prezzo del biglietto e provoca una lacrimuccia di commozione.

Lo spettacolo è fin dall'inizio un'opera teatrale, più che un concerto. Una precisione di pose e situazioni, con l'ingresso contro illuminato degli artisti le cui sagome si stagliano su un fondale con un panorama cittadino.

Albarn inizia a cantare/recitare seguendo quasi perfettamente la scaletta di "Merrie Land". E se l'ultimo disco provoca all'ascoltatore quel senso di malinconia e rabbia socio-politica, dal vivo tutto questo esplode prepotentemente grazie alle emozioni che Damon Albarn mostra sul palco. Arrabbiato, triste, sconsolato, sarcastico, rivolge le sue parole sia al pubblico sia al cielo. A completare la teatralità del tutto, arriva pure un fantoccio con bandiera inglese, che Albarn abbraccia paternamente e un bastone con il quale il nostro chiede e reclama "Order! Order! Order!" (una parodia/citazione della camera dei Comuni, che sembra più una richiesta d'aiuto che altro). Piccola parentesi, credo che all'inizio ci fosse una sorta di doppio senso tra bastone/fantoccio, vedi impalamento. Almeno è una mia sensazione, da malato di scene forti.


Nella sua teatralità, il concerto non è solo un sentito sfogo contro la Brexit, perché l'eclettico cantante se la ride di tanto in tanto col pubblico e con i suoi compagni di ventura, soprattutto nella seconda parte, quella in cui suonano le canzoni del primo album.

Albarn. Albarn. Albarn. Sono molto ingiusto ad aver parlato fin qui solo
di lui, ma sapete, fa parte della mia ristretta cerchia di divinità. Beh, questo concerto non sarebbe stato così perfetto se non avesse avuto vicino a se dei compagni semplicemente grandiosi.

Vestito come l'iconografia della band ci ha mostrato, Paul Simonon, sembra uscito da un film sulla malavita americana degli anni trenta e si muove dietro al suo basso in maniera elegantissima. Ogni volta che mi cade l'occhio su di lui, mi torna in mente che ha fatto parte dei Clash: brivido (e una lacrimuccia).
Tony Allen è indescrivibile alle pelli. Occhiali da sole d'ordinanza, ghigno quasi perenne, è stato senza dubbio l'aspetto più grandioso, di un concerto già grandioso di suo. Simon Tong, schitarra con tranquillità, forse un po' meno in evidenza degli altri. 
I turnisti (mi sono dimenticato i nomi!) uno alle percussioni, uno alle tastiere e le tre orchestrali completano il quadro, di quello che è stato uno spettacolo memorabile. Vederli nella loro Londra, credo sia qualcosa di ancor più esplosivo.



Merrie Land
Gun to the Head
Nineteen Seventeen
The Great Fire
Lady Boston
The Truce of Twilight
Ribbons
The Last Man to Leave
The Poison Tree
History Song
80's Life
Herculean
A Soldier's Tale
Three Changes
Encore:
Kingdom of Doom
Green Fields
The Good, The Bad & The Queen


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