Rick Rubin: ti impongo le mani e fai successo


Rick Rubin: ti impongo le mani e fai successo



Ho buttato via la mia vita in un lavoro noioso. E credo pure voi. Perché potevo fare il produttore discografico di successo. È facile sapete? “Non ho davvero nessun controllo su ciò che succede durante una registrazione. È più una sperimentazione e aspetta quel momento in cui ti manca il fiato. È una cosa eccitante, inebriante, quando succede. Ma non c’è niente da controllare. Devi solo riconoscerlo quando succede e proteggerlo svanendo. Ci vuole fortuna, pazienza, una forte etica del lavoro ed essere disposti a fare tutto ciò che serve per renderlo grande. Dobbiamo passare attraverso un processo per arrivarci”

Lo dice Rick Rubin e direi che ci possiamo credere. Perché lui è un’entità
superiore che se ti mette gli occhi addosso, a te che stai suonando in una sala prove, puoi star sicuro che crea un capolavoro. 
Rubin nasce nel 1963 a New York e dimostra presto interesse per la musica. Suona in un gruppo punk che durante un concerto al CBGB’s innesca una rissa col pubblico (pare organizzata a tavolino) e viene bandito dal locale. Ha un po’ più di successo con una band di nome The Hose ma poi, molla lentamente il palco e fonda la “Def Jam” con un bagaglio di idee imparate nei locali di New York, che frequenta con avidità. Quei posti con i DJ che mettono dischi hip hop, una roba ancora molto di nicchia almeno fino a quando Rubin non gli mette gli occhi sopra.
Il progetto “Def Jam” prende forma anche grazie alla collaborazione con Russell Simmons, esperto manager e promoter e nel giro di un anno la loro etichetta vanta nomi del calibro di Run Dmc, Public Enemy e Beastie Boys, che con Rubin iniziano a trovare la via giusta.
Si può dire che sia tra quelli che portano il Rap dal ghetto al grande pubblico facendo il tutto con grande intelligenza. Ma questo produttore geniale con la barba da santone (non c’è una foto che sia sbarbato), pare non sia uno di quelli che passano il tempo al mixer, alzando e abbassando i livelli, no, storia (e leggende) dicono che lui se ne stia scalzo a meditare sdraiato su un divano, cercando di entrare nel cervello dell’artista che ha davanti. Il che, se guardiamo il suo curriculum, lo fa entrare di diritto nella cerchia dei santoni. 
Adesso dovrei iniziare la parte in cui parlo di tutti i suoi grandi successi, ma di siti biografici e di elenchi è pieno il web e preferisco soffermarmi sui suoi lavori che sono entrati nella mia vita.

Dicevo, la “Def Jam” nel giro di poco è un nome importante nel mondo del rap, ma a Rubin non basta e convince gli Slayer a passare con loro per “Reign in Blood” e produce “Eletric” dei The Cult.


Non ha solo il fiuto degli affari, il buon Rubin, ma anche grande capacità di resuscitare carriere, come quella degli Aerosmith reduci dai pessimi riscontri di “Done with the mirrors”. Ci sono i Run Dmc che hanno appena terminato “Raising Hell”, ma per il produttore manca qualcosa. Tipo un momento che porti il rap a essere ancora più popolare e più vicino a chi non conosce o guarda di storto il genere. Dalla sua collezione privata spunta fuori "Walk This Way" degli Aerosmith e pensa che sia facile poterci fare qualcosa in ambito hip hop. Perry e Tyler sono entusiasti. I Run-DMC no, perché non vogliono cantare nulla che non sia stato scritto da loro. Alla fine sappiamo chi l’ha spuntata e quale è stato il risultato. Una hit memorabile, ancora fresca oggi, che ha spinto non poco il RAP verso la massa (con noi ragazzini che cominciavamo a puntare le tute dell’Adidas e le scarpe della Nike). 
Per inciso e anche se non sono mai stato un suo grande fan, alla voce “alzati e cammina” troviamo Johnny Cash che rivede la luce con “American Recordings”, che ho apprezzato molti anni più tardi.
Ma tornado alla musica con la quale sono cresciuto non posso dimenticare la collaborazione tra Rubin e i già affermati Red Hot Chili Pepper, che corteggiano per diverso tempo il produttore prima di convincerlo a produrgli “Blood Sugar Sex Magik”. Serve dire altro su un album che ha canzoni come “Under the bridge”, “Give it away”, “Suck my kiss” e il cui successo, si dice, abbia influito sull'addio di Frusciante? No non credo. E con la band di Kiedis, inizia una collaborazione assidua, che porta a “One Hot Minute”, che a me non era dispiaciuto, (soprattutto per Navarro) e a “Californication”. Poi devo dire ho apprezzato meno il gruppo ma “Stadium Arcadium” ha avuto ottime critiche.
Avevo grandi aspettative per “Peasants, Pigs & Astronauts” dei Kula Shaker, il secondo loro album, c’è pure la firma di Rubin ma solo di passaggio. Alla fine il risultato mi aveva un po’ deluso, forse perché cominciavo a ruotare le mie orecchie verso altro, ad esempio un gruppo Armeno/Americano, di nome System of a Down che con il barbuto produttore mette a segno colpi niente male. Potrei ancora citare grandi album di successo e fingere di essermeli ascoltati tutti, ma sono sincero: i dischi prodotti da Rubin, con eccezione di quello con Strummer, si allontanano dai miei gusti di anno in anno e anche gruppi apprezzati in passato come Weezer, a metà anni duemila, non mi danno più la giusta emozione. 
Beh, non cambia la vita a nessuno, perché Rubin intanto rastrella successi con Linkin Park, Limp Bizkit, Lady Gaga, Adele, Eminem e tanti altri ancora che dimostrano come riesca a capire il mondo dopo oltre trent’anni di intensa carriera. Slipknot permettendo.
Ora, tutte queste parole d’elogio per il barbuto newyorkese, (ne meriterebbe molte di più ma non voglio annoiarmi leggendo dati e statistiche) che medita scalzo e con una maglietta bianca, a Shangri-La una villetta nella contea di Los Angeles con vista sul mare, appartenuta a Bob Dylan e trasformata in studio di registrazione, mi portano a meditare. 
Guardo il muro, slego il cervello, respiro profondamente e mi chiedo: perché uno così produce un disco di un certo Jovanotti? Dopo un’ora, ho messo giù alcune ipotesi:

1. Dopo che hai prodotto di tutto e di più, vuoi provare a vedere se è vero che hai dei poteri magici, producendo uno che non ha talento
2. La segretaria riceve una telefonata da un certo Cherubini. Segna il suo nome, ne parla con il boss che le dice di metterlo nella lista delle persone indesiderate. Lei si sbaglia e lo mette in quelle da produrre.
3. Non ha capito cosa volesse ‘sto tipo al telefono, ha detto “sì, sì, va bene” solo per levarselo di torno e tornare a meditare
4. Avanzava uno spazietto in sala di registrazione
5. Ha visto che Jovanotti ha del talento e che meritava di essere prodotto (ok, questa è troppo assurda).

Battute a parte e scarsa stima per Lorenzo Cherubini da parte mia, devo ammettere che il “rapper” italiano, ha fatto un gran colpo ed è il primo italiano ad essere psicoanalizzato da Rick Rubin.

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