Caparezza@PalaAlpitour

 Caparezza @ PalaAlpitour - Torino
07.12.2017


Un po’ di pensieri per questo concerto. Il primo è come salire i gradini del PalaAlpitour, che preferisco chiamare Pala Isozaki e infilarmi in una striscia con sedie di 10 cm. Sembra di stare sull'Himalaya, con sotto il nulla. Ma questo è un mio problema. 
Il secondo pensiero è per la mia vicina che appena si abbassano le luci di mezza sala, inizia a urlare come penso, farebbe una fan degli One Direction. Vicino a lei una famiglia con bambini piccoli. Cosa ci unisce, come facciamo a essere qui, insieme? La risposta è semplice, quello che ci unisce è quello che si vede sul palco che non posso definire un concerto e non posso definire uno spettacolo teatrale. Ma una brillante via di mezzo. 

Le performance di Caparezza, sono sempre state così, musica, scenografia, ballerini, discorsi del testa riccia, in mezzo a una moltitudine di suoni precisi (che tolgono un po’ il senso di live ma pazienza). Al pari della sua carriera, Capa, dimostra una crescita artistica, con uno spettacolo diviso in due parti che ripropone il concept dell’ultimo album. Prigionia e liberazione.

Il palco molto complesso tra piattaforme, torrette e ponti sospesi, esplode quando Caparezza entra in scena in una bolla di plastica (non ricordo mai il nome di quell'aggeggio) sulle note di “Prosopagnosia” e inizia secco e senza fronzoli con i brani dell’ultimo lavoro. “Prisoner 709”, “Confusianesimo”, “Una chiave” (dove al termine sale su una chiave e si alza in volo), “Ti fa
stare bene”, “Migliora la tua memoria con un click”, “Larsen”, “L'uomo che premette”, “Minimoog”, “Autoipnotica” e “Prosopagno sia!”. Il tutto tra ballerini, stelle filanti, effetti pirotecnici e la presenza del sempre grande Diego Perrone, che ricordiamo, giocava in casa. Un’ora di spettacolo, nel quale Caparezza dispensa ben poche parole al pubblico e che porta a una seconda parte diametralmente opposta.

Labbra sul palco. Caparezza e Perrone discutono su come uscire dalla prigionia. Escono dalle labbra e il concerto cambia completamente. Diventa leggero, solare, con Caparezza che si lascia andare a battute e discorsi. La scaletta prende la strada dei vecchi album iniziando, con l’immortale classico “Fuori dal tunnel” e continuando saltellando da un lavoro all'altro. “Legalize the Premier”, “Non me lo posso permettere”, “Goodbye Malinconia”, “China Town”, solo per citarne alcune. Quello spazio che ho sempre reputato fastidioso (ma insomma suonate filati non interrompete!) che il mondo chiama bis o encore, chiude uno spettacolo di quasi due ore, punto finale del tour autunnale, con “Abiura di Me”, preceduta da “Vengo dalla luna” e “Avrai ragione tu”.

Caparezza è in gran forma e saltella, balla come ha sempre fatto, accompagnato da ottimi artisti e davanti a un pubblico che sembra conoscere ogni dettaglio dell’ormai ampia discografia del pugliese.
L’impressione finale è quella d’aver visto un gran bello spettacolo, intenso, ben strutturato e pensato da un grande intrattenitore o per meglio dire un’artista che riempie palazzetti, ma riesce a essere libero dagli schemi. E, infatti, ci sono quarantenni, famiglie e fan che strillano dall'inizio alla fine. 
Chiude, il buon Capa, con un omaggio a Torino, città con la quale ha un legame speciale, visto che ha registrato quattro album al Transeuropa di Rossi, famoso produttore morto in un incidente qualche anno fa.

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