Tutti Fenomeni - Merce Funebre


Tutti Fenomeni - Merce Funebre

L’astinenza da Niccolò Contessa è brutta. Ma a un certo punto un bagliore illumina i social. Un lungo carosello di post entusiasti per il disco di un certo Tutti Fenomeni, che francamente non ho mai sentito. Sembrano i tempi in cui ICani hanno fatto uscire l’ultimo album. Sembra il rovescio del momento in cui Niccolò Contessa ha annunciato la chiusura della pagina della band. 
Niccolò quanto ci manca?

Ad alleviare questa astinenza ci pensa Giorgio Quarzo Guarascio, in arte Tutti Fenomeni, ex rapper, ex trapper, membro dei Tauro Boys e tanto altro, in cui rivediamo e risentiamo il nostro amatissimo Contessa. E lo risentiamo perché l’artista romano è il produttore di “Merce Funebre” e ha messo mano anche ai testi. 
Ora con questa lunga introduzione voglio dire, sebbene consideri Contessa uno dei migliori artisti italiani della sua epoca, che qui la sua influenza si sente spesso e volentieri. E pure troppo. Ed è questo il maggior difetto di un album piacevolissimo, brillante e arguto. Ma molto Contessa. 

Dimentichiamoci della possente ombra e concentriamoci su “Merce Funebre” in cui Tutti Fenomeni regala vere perle di intelligenza e ironia, portando l’ascoltatore nei territori di Franco Battiato, con un pop intellettuale e stoccate di elettronica niente male, in cui entrano citazioni colte e filosofiche.

Dopo un inizio grandiosamente spiazzante con la rivisitazione della “Marcia Funebre” di Chopin che diventa “Merce Funebre” (ma chi mai inizierebbe un disco così?), ci si tuffa subito nell'immaginario del giovane cantante che spara una serie di sfolgoranti istantanee, con critiche taglienti e ben precise. 
Il tutto inizia con “Valori aggiunti”, la seconda traccia, “I poeti morti non tagliano il pane\Non portano il cane, non hanno tatuaggi\I poeti vivi hanno gli aggettivi\Per gratificare i nuovi primitivi” e ancora “Voglio incidere solo dischi brutti\Così sarò sicuro, di piacere a tutti” e si conclude in maniera circolare con “Trauermarsch” “Leonardo Da Vinci era molto rock\Mentre Caravaggio era più tipo un rapper\Anche Mozart ha fatto pop\Enrico Fermi non ha fatto lettere”

In mezzo c’è Battiato, vedi “Mogol”,“Qualcuno che si esplode”, ci sono cortocircuiti sociali come in “Filosofia” “L'unica filosofia che studi sono i milioni in banca di Jovanotti” e risvolti amorosi che toccano il loro apice con la sorprendente “Reykjavik” che sembra uscita direttamente dal repertorio di Cosmo. 
Un gran bel lavoro. Ma il dubbio rimane: sei proprio tu, Giorgio? 

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