The Zen Circus - Il fuoco in una stanza

The Zen Circus - Il fuoco in una stanza


La domanda della vita: è bravo quel gruppo che accontenta lo zoccolo duro dei fan o quello che cerca nuove strade? Devo dire, ho avuto per anni problemi a capire le scelte di un gruppo cuneese che ho visto esordire e sono un grande fan dei Ramones, che più di tanto non si sono mai mossi. Dovrei dire dunque la prima e vent’anni fa l’avrei anche detto. Ma sì sa, s’invecchia, si cercano nuove strade personali ci s’innamora di persone e situazioni diverse, si esplora il mondo e quindi, sì, non c’è dubbio: ben venga il cambiamento. Ben venga un disco come “Il fuoco in una stanza”. Che toglie il cielo e mette il fuoco.

Già dalla foto della copertina che girava sui social, avevo immaginato che si trattasse di un lavoro più riflessivo e nonostante ami sonorità più dure, ho comprato la versione vinile rosso marmo (mannaggia la versione autografata era finita!) a scatola chiusa.

E sono convinto di aver fatto bene. Benissimo. La ricerca, il porsi le domande, sviluppare certi pensieri, è sempre un’ottima cosa e soprattutto, qui, non sono mai banali. Appino forse più degli altri, ci ha messo le mani toccando punte di scrittura molto alte.


L’aspetto famigliare in primis (“Catene” che apre il disco o la title track) e come sempre parole sull'esistenza, con brani come “Low Cost”, sull'amicizia che tocca l’apice con la struggente “Caro Luca” e non manca di certo l’amore. E dopo “Ilenia”, arriva Emily (“Emily No”) a sondare la possibile prospettiva femminile. Ho elencato pochi brani, la lista sarebbe più lunga ma va bene così.

Suoni più rotondi dicevo, coadiuvati spesso da un’orchestra e pure un’impensabile sortita nel mondo dei “Baustelle” con la canzone “Il Rosso e il nero” (nella quale in effetti, avrebbe dovuto esserci pure Bianconi) e in parte in “Panico”. Più pop che rock ma con significato positivo della parola “pop” che qualcuno vede piuttosto male.

Per quanto come detto all'inizio intraprendere strade nuove sia un rischio, “Il fuoco in una stanza” funziona a meraviglia, considerando anche i commenti sui social di gente che scrive “sembra l’abbiate scritta per me” o “piango ogni volta che l’ascolto”. Siccome sono coetaneo con gli Zen Circus, mi sento sulla stessa linea.
Perché alla fine puoi suonare con Brian Ritchie o puntare di più al pop (sempre con accezione positiva) ma devi sempre toccare l’anima delle persone e gli Zen, ancora una volta completano la missione.

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