NOFX: The Hepatitis Bathtub and Other Stories

NOFX: The Hepatitis Bathtub and Other Stories 


Leggo biografie con vorace passione e una terribile paura. Quanto è edulcorata la storia? Quanto viene nascosto per far passare da eroi i/il protagonista/i? Quanto mi deluderà sapere che un idolo non è come l’ho immaginato?

Quindi con questi pensieri, mi sono messo a leggere “NOFX: The Hepatitis Bathtub and Other Stories”, in lingua originale. Innanzitutto i “NoFX” erano per me all’epoca, con i “Rancid”, “Pennywise”, “Lagwagon” e poi gli “Anti-flag”, (e altre band storiche) portatori sani del revival punk, antitesi dei “Green Day” e dell’evoluzione degli “Offsprings” e soprattutto dei “Blink 182”. Ok, non sono mai stato un punk, la mia era più un’affinità “filosofica”, che di 
stile di vita, ma credetemi, i “Green Day” e tutti gli altri li ho sempre guardati con sospetto, fin da quando le mie compagne delle superiori hanno iniziato ad alternare canzoni di Jovanotti, Vasco e appunto “Green Day” e soci.

Beh, allora capirete che le possibilità di scoprire cose sconcertanti sui “NoFX” mi ha creato un certo panico. A ciò aggiungo un paio di passaggi veloci di qualche DJ di “Virgin Radio” (che valuto alla stessa maniera dei “Green Day”, ma ogni tanto mi capita di sintonizzarmi) che parlando del libro tira fuori cose allarmanti, tipo che i “NoFX” avrebbero voluto essere come i “Blink 182”.
Alla fine di cose di questo tipo, non le ho lette, per inciso dicono che i

“Blink 182” gli hanno rubato il posto di, volutamente scemi, del villaggio.

Ho letto invece un libro incentrato sulle vicende personali dei membri della band. La loro vita, i loro problemi di droga, alcool e criminalità varia. Dai grossi problemi di droga di “Smelly” alle esperienze sessuali e sociali di Fat Mike che lasciava piccoli “tesori” nelle hall per i fan. Il tutto nella violenta Los Angeles della scena hardcore (praticamente una guerra tra band), tra improbabili esordi e ancor più improbabili concerti, fino all’arrivo di El Hefe e alla crescente notorietà.

Un libro che a volte è davvero toccante (vedi alcune gravi situazioni personali) e a volte fa ridere, soprattutto nella parte dei “fallimenti” e dei lunghi viaggi in furgone.
Diviso in brevi capitoli raccontati in prima persona dai membri ed ex membri della band è un lungo, lunghissimo viaggio in quella che è stato un gruppo che non è mai sceso a compromessi, pur toccando il successo. Quello che manca è l’aspetto creativo, la scelta di cambi di stile e le influenze di ogni disco che hanno pubblicato. Quello che mi aspettavo di leggere (e non è tutto dice Fat Mike) su un gruppo del genere.

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