Intervista a Paolo Zunino: "Sanscemo, la sterzata alla musica"


Intervista a Paolo Zunino: "Sanscemo, la sterzata alla musica"




Grazie Paolo, per aver accettato questa intervista su “Sanscemo”

Grazie a te, ma voglio subito dire che non sono uno che vive di passato. Mi sembra di fare il tributo ai morti! Ah! Ah! Ricordo “Sanscemo” con grande affetto, senza però montarsi la testa, perché sono cose che sono avvenute, hanno avuto senso nel loro periodo ed è giusto ricordarle perché hanno fatto parte del proprio percorso artistico o creativo.

“Sanscemo” nel suo piccolo è stato un concetto rivoluzionario. Un successo inaspettato. Come è iniziato tutto e chi eravate, cosa facevate e in cosa speravate?

Come si dice di solito, tutto è nato per caso.  A  fine anni ottanta suonavo in giro
Paolo Zunino
per Torino e per “in giro” intendo nelle feste dei mercati e cose così. Facevamo di tutto e di più e ci divertivamo a fare delle cose strane, suonavamo con chitarra e basso e facendo con la bocca altri strumenti. Avevamo la musica nel cuore e volevamo uscire dai canoni, fare qualcosa di diverso. Tutti all'epoca volevano fare cose impegnate e così noi abbiamo cominciato ad avere un discreto seguito, perché eravamo unici. 
Poi, ho fatto un accordo con un’agenzia (la “Futura” ndr), una cosa del tipo che lavoravo per loro gratis dopo l’Università, ma in cambio mi dovevano lasciare un telefono disponibile e la possibilità di organizzare una cosa a cui tenevo, perché non avevo i soldi per farlo. 
Quindi l’agenzia non sapeva niente di quello che volevo fare, cioè organizzare questo festival che nasceva proprio come “Sanscemo”. Mi ricordo che nell'autunno del 1989, proprio quando cadeva il muro di Berlino, ero in un locale e raccontavo la mia idea. Ne parlavo e la gente mi veniva dietro, sai, chiedevo una mano e tutti “Sì, sì, dai! È fighissimo, dai che ci divertiamo!”

Dici demenziale e il gruppo che viene in mente è quello degli “Elio e le Storie Tese”. È giusto dire che indirettamente hanno contribuito al successo di “Sanscemo”? 

No. Assolutamente. Bisogna dividere “Elio & Le Storie Tese” dal demenziale, perché non c’entrano proprio niente. Ci siamo incontrati diverse volte, ho fatto anche un talk-show con loro e sono degli ottimi musicisti, ma non demenziali.
Il grande Freak
Anzi, me l’hanno proprio detto una volta, che loro volevano fare rock alla Frank Zappa. E infatti le polemiche con Freak Antoni nascevano proprio dall'appartenenza al demenziale, con Elio che ogni tanto si paragonava al demenziale e Freak che ricordava che il demenziale erano loro. Come demenziali ad esempio vedo di più Enzo Jannacci o la vecchia Milano. Pensa Jannacci che fa il medico di giorno e il musicista di sera! E per me il demenziale è provocare con intelligenza e Elio ha provocato in stile Zappa, a volte mettendo troppa volgarità. E hanno pure avuto una certa benevolenza nel settore. Poi hanno fatto delle cose bellissime e non posso far altro che parlar bene di “Elio & Le Storie Tese”, però non sono demenziali.

Perché è nato tutto proprio a Torino e perché in quegli aveva un così grosso giro di musicisti demenziali (e anche di altro tipo)?

Torino è una città che dà tanto. Guarda anche solo nel rock. È una città che ha portato sempre grandi iniziative e idee, nel mondo della comicità e delle alternative. Succedeva perché s’investiva nella musica di base.

Oggi quell'ondata è un po’ diminuita come mai secondo te?

Per colpa dei Talent Show. Sono la morte della musica. Noi abbiamo fatto il verso alle TV americane ma il pubblico è diverso. Abbiamo perso il suono di cantina, quelli che andavano alla sera a suonare in birreria. Oggi vanno da Maria De Filippi e poi vogliono fare un disco con le multinazionali. A noi le multinazionali ci chiudevano la porta in faccia! E l’idea di “Sanscemo” nasceva un po’ da questo, essere una voce fuori dal coro e stare dalla parte della gente.

I primi anni c’era un appoggio quasi giornaliero de “La Stampa”, con Gabriele Ferraris che scriveva articoli dai toni più che entusiasti. Come sono stati i rapporti con lui che poi ha cominciato a criticare duramente e quelli con gli altri giornalisti? 

La storia con i giornalisti è molto complessa. Chi ha dato il là a tutto è stato Mario Luzzato Fegiz. È venuto al Festival dicendo “La cosa mi sembra divertente, voglio vedere che casino succede!” e dopo lo spettacolo mi ha detto “Avete fatto una cosa unica, avete dato una svolta alla musica!”

Mi ricordo anche che a un mese e mezzo dal Festival Mario Prioli e Roberto Isidori della “Futura”, mi consigliano di chiamare tutti i maggiori giornalisti di settore e pure l’Ansa. E sai avevo un po’ di paura ero un ragazzino e 
pensavo che mi mandassero a quel paese. Chiamo e dico che avevo piacere di invitarli al Festival, chi mi ha risposto mette la telefonata in viva voce e urla “Oh ci hanno invitato a Sanscemo!” e il direttore dietro  risponde “Ho fatto trenta Sanremo e col cavolo che mi perdo il primo Sanscemo! Digli che veniamo tutti”

Anche Aldo Grasso ha parlato bene di noi, ha scritto “che era una cosa irreale e che si vedeva finalmente qualcosa di diverso”.
L'articolo di Alessandra Comazzi
Posso dire che per anni ho avuto i giornalisti dalla mia parte, poi sai le cose cambiano, le mode passano e va bene così e anche se hanno scritto critiche dure, rispetto il loro pensiero e Gabriele Ferraris resta un carissimo amico. 

L’unico caso in cui ho provato fastidio è stato con un articolo di Alessandra Comazzi che nel 1996 pubblica cose piuttosto pesanti che mi ci hanno creato notevoli problemi con la Rai. Io tra l’altro non ho mai preso soldi dalla Rai. Comunque non era rivolto a me, era una cosa politica la sua…però ci siamo finiti di mezzo.



Gli altri artisti invece come percepivano “Sanscemo”?

Beh…bene! Ad esempio Sergio Bardotti (noto autore e produttore musicale) che ha scritto pagine di musica importantissime, una volta che l'ho incontrato a Sanremo mi ha preso da parte e mi ha fatto vedere il contenuto della sua valigetta: tutti i cd e le cassette di “Sanscemo”
Anche Fabio Concato ci seguiva e pure Massimo Ranieri il quale mi ha detto che a casa aveva una band segreta con cui si trovava in cantina per fare…canzoni demenziali! 
Tanti altri artisti in “Polygram” mi dicevano “Non vorrei andare a Sanremo ma vorrei venire da voi!”. Poi Albanese e Paolo Rossi, Jacopo Fo. Chiambretti e Paolo Belli! Fabio Fazio dei tempi di "Quelli che il calcio", Pippo Baudo e Renzo Arbore. Arbore ci ha citati alcune volte e ci ha messi pure in un libro sulla musica italiana che ha scritto.
Tanti e tutti quelli che hanno partecipato lo hanno fatto senza prendere una lira.
Giusto perché gli piaceva lo spirito di “Sanscemo” e ci tengo a sottolinearlo.

Quindi c’era un grande interesse da parte di tutti i media e addetti ai lavori…

Non interesse, entusiasmo! Perché capivano che era una cosa fatta realmente fuori dagli schemi. Dicevano che ero il più giovane organizzatore di grandi eventi in Italia. Devo dire però che l’inizio non è stato facile. Erano tutti fermi ai diktat. Per esempio al primo “Sanscemo” avevo invitato tutte le case discografiche e non è venuto nessuno di loro. Il giorno dopo però tutte mi cercavano, volevano invitarmi a Milano per fare un contratto discografico. 

E con le TV?

La Rai dopo aver le letto l’articolo di Fegiz ha cominciato a cercarmi con insistenza, dopo aver snobbato il mio invito. Nel 1991 come ricorderai finiamo in seconda serata registrati su Rai Due. E pensa…avevamo la censura! Ho dovuto presentare i testi delle canzoni al Capostruttura di Rai Due, una settimana prima del Festival! E lui mi segnala le parole che non dovevano essere dette! Poi siamo passati su “Videomusic” che sono stati quelli che ci hanno dato più spazio e soprattutto nessuna censura. 
L’unico che ha avuto coraggio è stato Maurizio Costanzo, al primo “Sanscemo” c’era il suo redattore Giorgio Gambino a cui era piaciuto tantissimo lo spettacolo e infatti hanno poi preso Marco Carena.

Anche il pubblico era entusiasta, quasi sempre sold out…

Sempre! L’unico anno che abbiamo fatto un po’ di meno è stato l’anno del Palastampa. Era troppo grande, un posto orribile e si perdeva tutto l’effetto scenico. Poi avevano anticipato una partita della Juventus (che giocava al Delle Alpi, quello che ora è lo Stadium e che era a due passi dal Palastampa) e così ci hanno massacrato le prevendite.  

Cosa credi abbia dato “Sanscemo” alla musica, si può parlare di rivoluzione?

Più che rivoluzione, io ritengo abbia dato una sterzata. Come si dice tutti guardavano il dito e altri la luna! E sono andati oltre. 

Fra i tanti artisti che sono passati chi è che ti ha colpito maggiormente?

Mmm…ne sono passati tantissimi. Io ero innamorato dei “Capillary” (Sanscemo 1991) erano geniali ma difficili da comprendere. Me li aveva indicati Freak Antoni che ogni tanto mi mandava dei nominativi, gente emergente dalle cantine. Non quelli che ti mandano le case discografiche. Magari lui li incontrava per strada, gli piacevano e me li indicava. 
Quelle erano le persone che cercavamo. In special modo cercavamo la canzone e non il personaggio. Unica regola: non doveva essere troppo cabaret, sennò facevamo una cosa diversa. 
“Zelig” invece mi aveva indicato Dario Vergassola (all’epoca cabarettista part-time e poi vincitore dell’edizione 1992) e che dietro aveva “Elio & Le Storie Tese”, si era iscritto all'ultimo secondo e una sera sono andato a vederlo a Milano ed era strepitoso. Ha vinto poi con “Marta” che al Maurizio Costanzo Show e sulle versioni ufficiali è stata trasformata in “Mario”, perché “Marta”, poteva far pensare a Marta Flavi (allora compagna di Costanzo).

Dopo 25 anni puoi svelare cosa si celò dietro allo “scandalo” dei “Trenini Svizzeri” nell'edizione 1992?

Ah! Ah! Ma no in realtà c'è stato alcun scandalo, era una provocazione pura. Si erano messi insieme i discografici che comandavano la musica in quel momento ed erano fuori concorso. Erano la risposta agli “Aeroplanitaliani” e c’era il presidente della “Polygram” e Michele Torpedine (produttore tra i tanti di Zucchero, Bocelli e Giorgia). Come dire…si sono comprati pure i vestiti e si sono presi un giorno di vacanza. E pensa, mentre le altre band arrivavano al Palasport con i furgoni scassati, questi con lo stupore di tutti entravano in Mercedes, Porsche…

L’edizione 1993 ha segnato un seppur lento inizio del tramonto, sei d’accordo?

Sì, forse bisognava fermarsi, era calata quell'ondata di originalità. Anche le cose che mi arrivavano erano meno interessanti. Il tutto è per colpa dell’incanalamento televisivo, insomma…iniziava ad essere percepito come la via più facile per la visibilità.

Negli anni si sono rincorsi nomi importanti per la conduzione di “Sanscemo”, gente tipo Jannacci,  Benigni e Frassica, ci sono stati davvero dei contatti con loro?

Jannacci era nelle mie mire e sarebbe stato un grande colpo, ma avrei dovuto fare un festival per Jannacci perché tutto funzionasse. 
Benigni invece era il mio sogno proibito, gli parlai dopo un suo spettacolo nel back stage lui diceva che ci seguiva, che ci apprezzava ma che era troppo ingombrante per “Sanscemo”, perché se fosse venuto avrebbero parlato di lui e non di chi suonava. E non aveva senso fare un Festival incentrato su di lui e non sulla musica. E devo dire che aveva ragione, una considerazione che me l’ha fatto apprezzare ancor di più. 
Frassica ci ha dato forfait all'ultimo secondo, l’avevano convinto che su quel palco gli avrebbero fatto di tutto e allora ha rinunciato. Mi è dispiaciuto perderlo. 

Il ricordo più bello, e quello bizzarro?

Il più bello è stato quella notte del 1990. Me lo porterò finché campo. Piangevo, ridevo e non capivo cosa stesse succedendo. Fino a mezz’ora prima c’era molto scetticismo, tutti pensavano che sarebbero venute venti persone a vederci, che questo era un progetto che non valeva niente. 
A dieci minuti dall'inizio mi arriva la notizia che avevamo fatto il tutto esaurito! Dopo lo spettacolo siamo andati a cena, con gli artisti e giornalisti. Io arrivo in
Maurizia Paradiso prima di beccarsi qualcosa in testa
ritardo e quando entro tutti si alzano ad applaudirmi, sai gente tipo Fegiz e Ferraris, Freak. Emozionante!
Per quello più strano…direi che ne ho tanti. Credo però il più importante è stato l’anno che ho portato Maurizia Paradiso nel 1994, uno spettacolo per uomini veri, dicevano i cartelloni. A fine spettacolo poi arriva da me e mi dice qualcosa di volgare, sai per farmi capire che l’avevo messa in uno spettacolo difficilissimo su un palco complicato.
O anche Vergassola che a un certo punto nel 1992 viene da me preoccupato perché avevo messo sul palco Walter Valdi, che secondo lui si sarebbe beccato di tutto e gli faceva tenerezza, vista l’età di Valdi (nessuno ha tirato nulla a Valdi).   

C’è qualcosa che avresti cambiato o di cui sei pentito? 

Eh…non puoi rinnegare quello che hai fatto. Devo accettare quello che ho fatto e ne vado orgoglioso. Anche negli sbagli. 

Freak Antoni è stato presente in diverse edizioni, come è stato lavorare con lui?

Freak era una gran persona e a parte le cose dette in merito ai suggerimenti era un collante. Quando eravamo in panico, arrivava lui e ti aiutava a venirne fuori.

Nel 2001 siete tornati, che differenze c’erano con gli anni novanta? 

È stato un errore farlo. Ho ceduto alle tante richieste, ma non c’era più quello spirito originale e nemmeno io avevo stimoli. 

Ci sarà mai un revival, magari nel 2020, per il trentennale?

Potrei essere interessato a riprendere il progetto, ma dovrei vedere una situazione più stabile. Fare uno spettacolo di questo tipo in questo momento, sarebbe una schifezza, perderebbe tutto il significato, rovinerebbe tutto ciò che hanno fatto gli artisti su quel palco o il pubblico che veniva a vederci. Non quello che ho fatto io, lo spettacolo lo facevano i cantanti e il pubblico.
Non c’è più lo spirito dell’epoca nella musica e nel pubblico, c’è qualcos’altro. “Sanscemo” è stata una realtà, è stata bella ma rimane nel libro di storia. Magari potremmo fare una “rentrée” in uno studio televisivo, tipo come hanno fatto per “Indietro tutta”. Poi chissà…


Commenti

Posta un commento